La religione ebraica è la più antica tra le monoteiste. Nata in Mesopotamia intorno al 2000 a.C., ad oggi conta circa 14 milioni di fedeli in tutto il mondo. Secondo l’Antico Testamento, la storia umana inizia già con un morso di troppo: quello di Adamo ed Eva al frutto proibito. Origine di tutti i peccati e simbolo della corruzione umana, il cibo è rigidamente regolamentato nelle sacre scritture, le quali indicano cosa mangiare e cosa no, quando e quanto.
Nel libro del Levitico viene tracciato l’invalicabile confine degli alimente “puri” ovvero kosher o kasher e gli alimenti impuri taref:
“Farete dunque distinzione tra animali mondi e immondi, fra uccelli immondi e mondi e non vi renderete abominevoli, mangiando uccelli o esseri che strisciano sulla terra e che io vi ho fatto distinguere come immondi”
Il risultato è che è lecito mangiare animali ruminanti che abbiano l’unghia bipartita e dunque mucca, vitello, pecora e capra. Mentre taglia fuori maiale, cammello, cavallo, coniglio, cani e gatti. Gli uccelli sì ma non i rapaci, in quanto si cibano di animali immondi come i ratti e i conigli. Sono consentiti solo i pesci che abbiano squame e pinne, quindi vietati i molluschi, crostacei e frutti di mare perché residenti sul fondo del mare.
“Non mangerete la carne che abbia ancora vita cioè il sangue” (Gen 9, 4)
“[…]non mangerete sangue di alcuna specie di essere vivente, perché il sangue pe la vita di ogni carne; chiunque ne mangerà sarà eliminato” (Lv 17, 10, 14).”
Questi versi sono alla base della modalità di macellazione e trattamento degli animali, uccisi secondo la shechitah, ovvero con rispetto e compassione, facendogli provare meno dolore possibile e dissanguandoli completamente. Una delle regole più importanti, insegnata nella Torah, è quella che stabilisce il divieto di unire la carne e il latte nello stesso piatto, una prescrizione talmente tassativa che nelle case e nei ristorani ebraici si utilizzando addirittura pentole e piatti separati.
Ma la cucina ebraica non è solo divieti. Da questa infatti sono nati dei capolavori della cucina italiana e internazionale, come la parmigiana di melanzane, le zucchine alla scapece, il baccalà fritto, le triglie alla livornese, etc. E con tutta probabilità sono ebraici anche il pan di Spagna e il fish and chips arrivato in Inghilterra dall’Andalusia seguendo la direttrice della diaspora sefardita.
E poi nella cultura ebraica mangiare significa anche raccontare, tanto che per i bambini vengono inscenate a tavola delle piccole piece teatrali, come nel caso del piatto shabbat beschallah ovvero “ruota di faraone”, da consumersi il sabato. Il piatto narra dell’episodio biblico della fuga degli ebrei dall’Egitto, dove le tagliatelle imerse nel brodo di cappone rappresentano le onde che sommergono l’esercito del faraone, in questi flutti galleggiano le teste dei soldati egizi sottoforma di uvette e polpettine di manzo, mentre una serie di rondelle di salsiccia d’oca raffigurano le ruote divelte dei carri.