Cucina Cristiana

ADRIANO BALDASSARRE*

(Executive Chef Li Somari Tivoli, 1 stella Michelin)

  • Baccalà mantecato al tartufo
  • Panino grani antichi e alici fritte con stracciata e erbe spontanee e maionese al moet o emulsione al moet
  • PIATTO IN ONORE DI SAN FRANCESCO (Bonus): Zuppa di lenticchie di Castelluccio di Norcia

Cristianesimo:

La religione Cristiana nasce in Palestina con la predicazione di Cristo e dei suoi discepoli, i quali diedero origine a una delle religioni più importanti del mondo che ad oggi costituisce circa il 31,1% della popolazione mondiale. Il riconoscimento del Messia, separa la strada del Cristianesimo dall’Ebraismo e questo si riflette chiaramente nella cultura culinaria della nuova religione. L’atto fondativo dell’ideologia onnivora dei cristiana è costituito dal decimo capitolo degli Atti degli Apostoli, dove si racconta la visione di San Pietro a Giaffa:

“Vide il cielo aperto aperto e scenderne un oggetto, come un grande telo di lino […] dentro il quale erano tutte le specie di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo. E una voce gli disse “Pietro, alzati, uccidi e mangia” ma Pietro disse: “Non sia mai, Signore, perché non ho mai mangiato nulla di impuro e di contaminato”. E la voce di nuovo: “Non chiamare impuro ciò che Dio ha purificato” (Atti, 10, 9-16)

Ma fu Paolo che eliminò definitivamente qualsiasi tabù o precetto alimentare in quanto per i cristiani ciò che viene da Dio non può essere impuro, contestualmente promuovendo il credo cristiano mediante l’apertura di mente e cuore verso nuove norme comprensibili anche da chi appartiene ad altre culture

“Nulla e immondo in sé stesso; ma se uno ritiene qualcosa come immondo; per lui è immondo. Ora se per il tuo cibo il tuo fratello resta turbato, non ti comporti più secondo carità […] non divenga motivo di biasimo il bene di cui godete! Il regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo.” (Rom. 14, 2-4, 14-17).

Il Cristianesimo ha compiuto un passo decisivo verso un’alimentazione libera e ha fatto della convivialità un valore supremo. Non discrimina tra cibi leciti e illeciti, puri e impuri. Il buon cristiano mangia tutto. Il suo unico precetto è la temperanza. Il suo vero comandamento è la condivisione. Il focus della religione si discosta quasi completamente dal cibo, il quale perde il suo valore liturgico, fatte poche eccellenti eccezioni.

“Così anche voi siete senza intelletto? Non capite che tutto ciò che dal di fuori entra nell’essere umano non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e finisce nella latrina?” (Mc, 7, 18-19)

“Non contamina ciò che entra dalla bocca, ma ciò che ne esce” (Mt, 15, 11)

Ciò che però è davvero importante per i cristiani è la modalità di assunzione del cibo. Come nelle altre religioni, la misura e la temperanza sono cruciali per condurre una vita pia. La gola è di fatto il pilastro dei vizi capitali, l’immagine primigenia di ogni concupiscenza, contro la quale è necessario lottare per un equilibrio tra bios e ethos, tra l’indole carnale umana detonatore di voluttà, e la forza di volontà che permette l’elevazione dello spirito. E visto che non si può fare a meno di mangiare, il problema è tenere a bada l’eccesso, mettendo a tacere la gola che nel suo carattere sfrenato e antisociale mette l’essere umano contro il Signore e contro il suo prossimo.