FRATELLOCIBO è un evento che indaga e divulga la profonda connessione che da sempre le religioni hanno intessuto con il cibo.
O meglio LE PROFONDE CONNESSIONI, poiché questo legame così universale per tutti gli esseri umani ha fatto sì che ciascuna cultura e religione lo declinasse in maniera particolare e originale. Questo caleidoscopio di diversità, nutrite e rielaborate dal successivo incontro con le altre, è uno dei patrimoni dell’umanità; un faro di solidarietà e condivisione che si alimenta delle singole esperienze.
Come quella, marcata dal ritorno alle origini di una cucina ancestrale e di un’ospitalità legata alla cultura del territorio in cui si trova, di Filippo Baroni e Marta Bidi, i quali si fanno custodi di un’accoglienza monastica e di ricette “sacre”, i portavoce di un territorio millenario.
Con il loro bagaglio di saperi ed emozioni, Filippo e Marta danno la loro interpretazione del tema “cibo e religioni”, indagando il lato più eremitico e mistico del rapporto tra la Natura e l’essere umano, ovvero quello intrecciato dalle comunità monastiche. Scrigni di preghiera e conoscenza incastonati nei luoghi più remoti del Creato, sono testimoni dell’esperienza che trasforma ogni aspetto della Creazione nella dispensa del Signore.
– Cestino, salmerino, yogurt ed Erba cipollina
– Taco di mais, faraona arrosto, maionese e giardiniera
– Cracker con formaggio Bruma
– Sfera di erbe ed agrumi
Il riso carnaroli è stato selezionato e coltivato per la prima volta dai monaci cistercensi nel XVIII secolo nell’area del Vercellese in Piemonte, Italia. La risina, denominata il “riso dei monaci”, è in realtà il chicco spezzato Carnaroli, una volta considerato uno scarto e donato ai monaci. Questo particolare riso, ora prodotto specificamente da un’azienda del Casalese, rappresenta l’umiltà della cucina monastica e la capacità di valorizzare ogni elemento.
Tutti gli ingredienti sono specchio della foresta di Camaldoli: l’abete bianco e la pratica di piantare e curare alberi, compresi gli abeti bianchi, parte della tradizione dei Camaldolesi di custodia della creazione divina e di preservazione dell’ecosistema locale.
Questo piatto è un omaggio a tutto ciò che nel corso dell’anno mettiamo pazientemente sott’olio, sotto aceto o sotto sale: la dispensa. È un tributo alla tradizione di conservare e valorizzare i frutti del nostro lavoro agricolo, proprio come facevano i monaci nei loro horti (giardini) conventuali.
Nella cucina monastica, l’hortus conclusus rappresentava un luogo sacro, un’oasi di pace e meditazione. Qui, i monaci coltivavano con dedizione gli ortaggi, le erbe aromatiche e le piante che sarebbero poi diventate parte integrante delle loro cucine. Questo piatto, ci invita a riscoprire il legame profondo tra ciò che coltiviamo e ciò che mangiamo, celebrando la saggezza dei monaci nel vivere in armonia con la terra e la natura circostante. È un richiamo al ritmo tranquillo delle stagioni e all’arte di preservare i sapori autentici che la terra ci offre.
La trota viene dall’Antica Acquacoltura del Molin di Bucchio, un progetto che si occupa della conservazione delle specie autoctone come la trota, i monaci benedettini hanno svolto un ruolo importante nell’allevamento sostenibile delle trote, utilizzando le risorse naturali disponibili nei loro monasteri per garantire una fonte di cibo fresco e di alta qualità per la loro comunità.
Dedicato al re delle foreste casentinesi: il cervo. Il radicchio cotto nel vino rosso evoca i colori e i sapori della stagione autunnale nelle Foreste Casentinesi. Il processo di cottura lenta nel vino rosso ammorbidisce il radicchio, creando una combinazione di dolcezza e amarezza che ricorda i boschi e i paesaggi circostanti.
Il tocco di whisky Lagavulin 16 anni aggiunge una dimensione affumicata e complessa al piatto, un tributo alle modalità di conservazione inventate proprio dai benedettini. Nel corso dei secoli, i monaci Camaldolesi hanno contribuito alla conservazione delle Foreste Casentinesi, questo impegno per la natura ha contribuito indirettamente alla preservazione della fauna selvatica, compresi i cervi, nel loro habitat naturale.
Natura e fitoalimurgia. Nella loro ricerca di equilibrio e semplicità, i monaci spesso coltivavano orti con erbe aromatiche, imparando a sfruttare le proprietà benefiche di queste piante. L’inclusione della Chartreuse, il liquore a base di erbe creato dai monaci certosini, è un’ulteriore dimostrazione dell’importanza delle erbe nella tradizione monastica.
Nel nostro piatto, utilizziamo ingredienti raccolti direttamente dalle Foreste di Camaldoli ed è un tributo alla Foresta di Camaldoli ed alla fitoalimurgia. More e licheni.
La fitoalimurgia, basata sulla raccolta di piante selvatiche commestibili, ha una lunga storia collegata alle comunità monastiche, tra cui quella di Camaldoli. Questi ingredienti riflettono la tradizione culinaria legata alla natura e alla sostenibilità. Il cioccolato aggiunge un tocco di indulgenza alla composizione.
La cena avrà luogo nella splendida cornice della terrazza panoramica del ristorante “Il Frantoio” dell’Hotel Fontebella nel centro di Assisi, via Fontebella 25.
Cena di Gala su prenotazione, ore 19.30, prezzo 70€